Siamo nel tempio di Gerusalemme, luogo sacro della liturgia, e mentre Zaccaria sta offrendo l’incenso gli appare un angelo che gli annuncia la nascita di un figlio, che sarà Giovanni Battista. Una nascita miracolosa, che semina sorpresa e imbarazzo, perché Elisabetta era sterile e anziana. Dal suo grembo appassito e spento, fecondato da Dio, sarebbe fiorita la speranza. L’anziana donna, più vicina alla morte che alla vita, avrebbe partorito il precursore della Vita stessa! Ma Zaccaria, che pur era giusto davanti a Dio e, come la moglie, irreprensibile nell’osservanza di tutte le leggi del Signore, dubita e chiede un segno. E lo avrà, ma sarà un segno doloroso e correttivo della sua incredulità: diventa muto, fino alla nascita del figlio, quando gli “si aprì la bocca… e parlava benedicendo Dio” (cf Lc 1,64). Ma perché Dio si serve di questi sposi? Diciamo che hanno due pregi: erano “giusti” e irreprensibili nell’osservanza della legge. Due qualità che vorremmo fossero il corredo di ogni famiglia cristiana. Due qualità, ma anche un dramma, che li addolora: non avevano figli e, data l’età, era anche tramontata la speranza di paterne avere. Se accetti di camminare a braccetto con la tua sterilità e i tuoi insuccessi senza disperarti, o imprecare contro Dio o sentirti castigato da Lui, se consegni i tuoi sogni e le tue speranze alla fedeltà del Signore, Egli ti restituisce il centuplo di ciò che tra le lacrime e con amore hai sofferto ed offerto.
Mettiamo insieme i tanti frammenti della nostra vita per riconoscere i passi del Signore che si fa nostro compagno di cammino anche nel buio delle vicende umane, ed infrange la nostra solitudine con i segni misteriosi della sua presenza, che ci ha lasciato la notte in cui veniva tradito…
O Dio, che in Zaccaria ed Elisabetta
ci hai rivelato la tua fedelt
insegnandoci a sperare
contro ogni speranza,
ricordati ancora del tuo popolo
e saziaci con i beni da te promessi,
affinché come Maria e Giuseppe
diveniamo tua famiglia
che accoglie e genera il Salvatore.