Promessa e compimento

Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino dentro di lei ebbe un fremito. (Lc 1,41)

Giovanni “pieno di Spirito Santo fin dal grembo di sua madre” (cf Lc 1,15) sussulta di gioia: è la gioia dell’amico dello Sposo che incontra finalmente lo Sposo e pregusta l’esultanza delle nozze. I tempi di Dio, tra promessa e compimento, e le sue modalità rimangono misteriose, ma la fedeltà del Signore è stabile e dura in eterno. Egli porta sempre a compimento ciò che ha promesso per bocca dei suoi profeti (cf Lc 1,69). Abbandonarsi alla sua fedeltà allora è come celebrare una vittoria anticipata. Così è stato per Maria, per Elisabetta, per Giovanni, per lo stesso Gesù che sulla croce ha consegnato il suo Spirito al Padre e si è abbandonato alla Sua fedeltà entrando nella morte con gli occhi rivolti verso l’alba della domenica di Pasqua. Dall’oscurità del giardino del Getsemani, attraverso il Golgota, fino alla luce radiosa del giardino della risurrezione: così Cristo ha portato a compimento le promesse, in questo gioco di tenebre e luce, di dolore e gioia, di morte e vita. E in questo gioco di colori e di stati d’animo è coinvolta anche la nostra vita, di continuo. Eppure talvolta ci logoriamo nell’usura dell’attesa, ci smarriamo nella notte del dolore e non sappiamo andare oltre. La vita ci sembra un labirinto: ci sentiamo sterili e maledetti come Elisabetta, timorosi e muti come Zaccaria, e anche se la Parola di Dio ci viene incontro per offrirci prospettive di speranza, noi restiamo sospesi in questo abisso di fragilità e turbamento. E credere alle promesse di Dio, ci sembra assurdo.
“Credere è uscire da se stessi, fidarsi, obbedire, rischiare, mettersi in cammino verso le cose ‘che non si vedono’ (cf Eb 11,1), assumere un atteggiamento di accoglienza operosa che consente a Dio di fare storia insieme a noi, al di là delle umane possibilità”.

Maria, tu che sei stata docile strumento
nelle mani di Dio
affinché le Sue promesse
trovassero compimento in Cristo,
prega per noi, timorosi, paurosi, increduli,
“invecchiati dentro”, sterili e stanchi
affinché lo Spirito, ogni giorno,
illumini la nostra intelligenza,
e scaldi il nostro cuore
facendoci sentire infinitamente amati da Dio.

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