…anche tu

L’anima mia magnifica il Signore.

Ogni gesto di amore è segnato dalla mano solerte di Maria. Come ogni nostra liturgia è accompagnata dal cantico del Magnificat. Ecco, perché ogni sera la Chiesa canta questo inno, con un cuore sempre pieno di riconoscenza, per le meraviglie che Dio sa compiere con te, ogni giorno. Ogni Vespro si chiude con il cantico del Magnificat. Ogni giorno si addormenta con un grazie. Ogni passo di servizio si fa lode. E ogni lode porta al servizio. Questo sia il tuo cammino futuro. Ed ogni coppia, che suona il campanello della casa vicina, trovi la stessa accoglienza che si è intrecciata tra Maria e Giuseppe con Elisabetta e Zaccaria. Ed ogni sera, almeno tre Ave Maria salgano dal cuore di tutti. Ogni sera. Certi che questa piccola sosta di preghiera permette di aprire la finestra alla speranza di un giorno più bello.

O Maria,
tu che hai saputo credere
nell’adempimento della Parola,
apri sempre il nostro cuore alla fede,
specie nei momenti del dolore
ed aiutaci a saper ringraziare
con fiducia, sempre,
l’agire del Signore in mezzo a noi,
lui che abbatte i potenti
e innalza gli umili.
Fa’ che le nostre mani,
sollecite per il bene degli altri,
siano capaci di servire
in gratuità e letizia, come le tue,
ed i nostri cuori
sempre sappiano pregare,
come te, ogni sera,
per magnificare un Dio
che mai si stanca
di compiere grandi cose,
anche nella fragilità
dei nostri paesi
e del nostro cuore.

Servire

Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi. Poi tornò a casa sua. (Lc 1,56)

Una piccola annotazione, a margine di un grande canto di lode. Un appunto, che potrebbe sembrare di poco conto, dopo una sinfonia dai toni così elevati. E invece, in questo trattenersi di Maria presso la casa della cugina Elisabetta per circa tre mesi, c’è il motivo stesso del suo andare in fretta verso Ain-Karim. Il motivo è la carità “sollecita”, la signoria del servizio nell’amore, quasi un’anticipazione dell’insegnamento di Gesù. “Io sto in mezzo a voi come un servo” (Lc 22,27). Osiamo dire con audacia che, prima ancora di Gesù, Maria, sua madre, ha deposto le vesti, preso un asciugatoio, versato dell’acqua in un catino e lavato i piedi ad una figlia d’Israele per circa tre mesi, mostrandosi Madre di Dio e madre nostra fin da allora: il Maestro, suo figlio e nostro Signore, nella notte oscura del tradimento, esprimerà in pienezza ciò che aveva imparato da Maria. Noi diremmo: “Gesù è tale e quale sua madre!”
Sentiamoci contagiati nell’impegno da questo pensiero di una grande convertita francese, Madeleine Delbrèl. “Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione, prenderei proprio quel catino colmo d’acqua sporca. Girare il mondo con quel recipiente e ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio e curvarmi giù in basso, non alzando mai la testa oltre il polpaccio per non distinguere i nemici dagli amici, e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato, del carcerato, dell’omicida, di chi non mi saluta più, di quel compagno per cui non prego mai, in silenzio finché tutti abbiano capito nel mio il tuo amore, Signore”.

Maria, tu che,
con carità sollecita,
hai servito in Elisabetta
ogni figlio d’Israele,
dona alla Chiesa di Cristo
di andare per il mondo
a servire ogni uomo e tutto l’uomo,
finché ogni uomo abbia capito
che l’amore di Cristo
trasfigura ed accende
il cuore dei credenti.

Oltre…

…per sempre. (Lc 1,55)

Questa espressione di Maria, che chiude il Magnificat: “Per sempre… “, è come il tocco finale di una sinfonia struggente; raccoglie e intensifica ciò che le note precedenti hanno via via fatto gustare. Tutto ciò che Maria ci ha raccontato di Dio vale… per sempre! Per sempre manifesterà la potenza del suo braccio, disperderà i superbi, rovescerà i potenti, innalzerà gli umili, sazierà gli affamati, svuoterà le mani dei ricchi, soccorrerà i suoi servi e si ricorderà della sua misericordia. Per sempre: un’esigenza dell’amore inteso nella sua totalità è proprio quella dell’eternità. Ecco, Dio ci offre la più bella e inviolabile promessa. il mio amore e il vostro amore dura per sempre, per sempre s’incroceranno i cuori di Cristo e della sua Chiesa, dello sposo e della sposa. E fin da ora, lungo il nostro peregrinare, pregustiamo la gioia di questa eternità, sentendo ci avvolti e custoditi dall’amore infinito di Dio, che Gesù ci ha palesato nell’ultima cena: “in finem”, cioè ci amò fino alla fine, eternamente. Siano rese grazie a Dio, …in eterno e per sempre!
Che il nostro amore e le promesse, nel matrimonio, nell’amicizia, nel sacerdozio, nella vita consacrata, si sottraggano alla precarietà e alla temporaneità, e siano “per sempre”!

Tu, Maria,
hai detto il tuo sì ‘per sempre’.
Lungo questo pellegrinaggio
di gioia e dolore,
hai cantato la tua fedeltà a Dio
sentendoti avvolta
dal suo amore infinito.
Aiutaci ad essere fedeli
alle promesse di Dio
amando per sempre,
sperando per sempre,
credendo fino al giorno
in cui la visione
non avrà più bisogno
del sostegno della fede.

Gratitudine

Così aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e ai suoi discendenti… (Lc 1,55)

Siamo alla conclusione del cantico di Maria con il messaggio centrale del Magnificat: ciò che Dio aveva promesso ad Abramo e ai suoi discendenti si è compiuto con la concezione verginale di Gesù. Dio è fedele: si ricorda perennemente dell’alleanza fatta con Abramo. Qui tutta la storia della salvezza si tende come un arco: da un capo c’è Abramo, dall’altro c’è Maria. È bello ricordare qui “i nostri padri” In fondo, la fede è la prima eredità che passa di generazione in generazione. È come un gioiello di famiglia, il cui valore è legato al ricordo dei genitori, dei nonni, degli antenati, che ne hanno goduto per un tempo limitato e poi ne hanno fatto dono, lasciando in quel gioiello un segno della loro storia personale. È tempo, dunque, di gratitudine. Ognuno si volti indietro e ricordi quelle figure esemplari che sono state riferimento saldo per la fede: genitori, catechisti, maestri, padrini, amici, vicini di casa. In famiglia o in parrocchia, c’è stato sicuramente qualcuno che è stato come “Abramo” per noi, che si è mosso per primo, con audacia, lungo le vie di Dio, e poi ci ha fatto strada, ci ha aiutato a capire i segni della Provvidenza, ad entrare nel dinamismo della nostra vocazione, qualunque essa sia stata. È grazie alla loro testimonianza di fede, speranza e carità, che noi oggi con fierezza facciamo la nostra professione di fede!
Diveniamo, a nostra volta, padri e madri nella fede per quanti ci sono stati affidati dal Signore. A loro trasmettiamo con la vita il credo che professiamo nella gioia. Ascoltiamoli con premura, interveniamo con paternità e senza paternalismi. Aiutiamoli soprattutto a collocare la loro esistenza con docilità sotto l’azione illuminante dello Spirito Santo, perché sappiano scoprire il progetto di Dio sulla loro vita.

Maria, madre e maestra nella fede,
suscita sempre attorno a noi
madri e padri nello spirito
che sappiano testimoniare la loro fede.
Ti affidiamo soprattutto il cammino di fede
delle nostre famiglie,
perché siano modello di comunione e di speranza,
che scaturisce da Te e a Te conduce.
Vivano le beatitudini del regno con gioia contagiosa!

La memoria Dio

Fedele nella sua misericordia, ha risollevato il suo popolo, Israele. (Lc 1,54

Lungo tutto l’arco della storia della salvezza c’è la fedeltà da parte di Dio, il ‘ricordarsi’ della sua misericordia. Nella Bibbia, questo verbo è usato sia per evocare la fedeltà e la misericordia di Dio, sia per raccontare la fede di Israele che ricorda l’esperienza del gratuito soccorso di Jahvè, salvatore e liberatore, a motivo del quale deve aderire all’alleanza convertendosi. Che Dio si ricordi della sua misericordia, non ci sono dubbi. la sua fedeltà dura in eterno, nonostante le nostre infedeltà. Israele, e in Israele ogni uomo, è e sarà sempre quel fanciullo che Dio accoglie tra le sue braccia con tenerezza dolcissima e struggente. E noi ci ‘ricordiamo’ di Dio? …ecco il punto! Ricordarsi di Dio significa annunciarlo, celebrarlo, credere, essergli fedele, ubbidire, convertirsi, cambiar vita, lodarlo, celebrarlo, confessare il suo nome, finché abbiamo vita. Maria ha fatto tutto questo, in un crescendo di stupore, passione e apertura al futuro. Potremmo sentire dalla sua bocca queste parole: “Dio ha fatto dei miei giorni un tempo di stupore, della mia vita un luogo di prodigi”. E qui, in questa capacità di generare attivamente il futuro facendoci largo nel presente con zelo per il regno, sta anche la qualità del nostro canto. Ovvero, il nostro Magnificat!
Coltiviamo la coscienza e l’interiorità, imparando a ‘ricordarci’ di Dio che bussa alla nostra porta. “Allora noi gli apriremo e lo guarderemo, gli racconteremo le stagioni della nostra vita e penetreremo nella sua luce, ascolteremo le sue parole e con lui costruiremo un’altra terra” (C. Singer).

Maria,
fa’ che per ogni uomo
si spalanchino le porte
del ‘ricordo’ di Dio,
delle sue opere,
della sua fedele misericordia,
affinché il cuore fragile
di questa nostra umanità ferita
sia consolato e sostenuto
dalla tenerezza struggente
del suo Amore.

Povertà profetica

Ha rimandato i ricchi a mani vuote. (Lc 1,53)

Cosa vuol dirci Maria con questa espressione? Cosa vuol dirci il Figlio quando afferma che” è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio” (cf Mc 10,25)? Che le ricchezze sono in se stesse incompatibili con il Regno dei cieli? O che costituiscono un’insidia, un pericolo sempre in agguato? O che c’è un modo iniquo di usare le ricchezze? La Chiesa, per essere povera, libera interiormente ed aperta alla carità, deve camminare sulla scia della comunità cristiana delle origini, nel distacco, nella condivisione, nella distribuzione, per essere veramente … non spazio di accumulo ma grembo di fraternità e mensa per tutti. Il denaro è un dono, se viene condiviso, ma diventa un idolo se viene trattenuto avidamente. Convertendoci alla sobrietà del vangelo, denunciamo con segni efficaci la mentalità di questo mondo, e soprattutto testimoniamo che la vita non dipende dai nostri averi (cf Lc 12,15). Dobbiamo essere capaci di adoperare i beni della terra nella continua ricerca dei beni del cielo e di usare di tutto senza diventare schiavi di nulla, con piena libertà, vero distacco e generosa sensibilità verso i deboli e i poveri. Ovviamente, non si intende, con questo, sminuire l’importanza dei beni terreni, né tanto meno giustificare una visione “pauperistica” della vita, quasi che sia un valore la povertà in sé: non si propone la miseria, ma il giusto atteggiamento verso il denaro e le cose. Un uso più giusto e condiviso dei beni restituisce dignità alla nostra esistenza!
Educhiamoci in occasioni di particolari celebrazioni (prime comunioni, cresime, matrimoni) ad evitare ogni sfarzo. La vera festa è nella gioia di donare ai poveri e di sostenere il cammino della Chiesa, casa spirituale di tutti.

Donaci, Maria,
in questo nostro tempo
in cui l’uomo sembra
essersi ingolfato
nella ricerca spasmodica
dei beni materiali
e nell’uso scriteriato del denaro,
di essere seguaci
di verità, nella libertà,
per la carità.

Non di solo pane…

Ha colmato i poveri di beni. (Lc 1,53)

Scrive sant’Ireneo: “L’uomo è una mano che si presenta a Dio per essere colmata da lui. È un vaso vuoto che attende di essere riempito”. Percepirsi vuoti, carenti, affamati, è dunque la condizione indispensabile per essere ricolmati di beni da Dio, come ci annuncia il Magnificat. Ma vuoti, poveri, affamati, di cosa? È da intendersi in due modi. fame e vuoto di beni materiali, fame e vuoto di beni spirituali. Nella Bibbia ciò è mostrato chiaramente. Dio sazia di cibo l’uomo ed ogni altra creatura, ma sazia anche con la sua presenza; sazia offrendo all’uomo l’opportunità di vivere a lungo, di conoscere la luce, di obbedire alla sua legge. Questa sazietà reca gioia limpida, è indice di abbondanza duratura e di accoglienza della parola di Dio, contrariamente a quella sazietà che si cerca (ma non viene!) nell’avido accumulo dei beni di questo mondo. Anzi, l’autore sacro ci ammonisce al riguardo, con una dura sentenza: “chi ama il denaro, non sarà mai soddisfatto” (Qo 5,9), e “chi insegue chimere raccoglierà miseria” (cf Pr 28,19). Gesù stesso, nel deserto della tentazione, griderà contro il diavolo: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che viene da Dio” (Mt 4,4). C’è un’anoressia spirituale che porta alla morte e che si manifesta man mano che ci sottraiamo allo sguardo di Dio e all’ascolto della sua Parola, e c’è una bulimia di beni materiali che ha reso consumistica ingorda e mai sazia la nostra società, fino a farla scoppiare…
Anoressia di beni spirituali e bulimia di beni materiali. questo è l’andazzo, almeno per molti cristiani. Noi, scegliamo di andare controcorrente, ristabilendo il primato della Parola di Dio nella nostra vita e impegnandoci a saziare di beni quei fratelli affamati che stanno alla porta delle nostre città e paesi, mendicando cibo, dignità e diritto al lavoro, alla salute, alla vita.

Maria, tu hai colmato la tua fame di Dio
ascoltando la sua Parola con cuore puro
e accogliendola interiormente senza resistenze,
donaci di combattere la ‘anoressia spirituale’
che ci distoglie
dall’ascolto assiduo del Vangelo
e di dire basta alla ‘bulimia dei beni materiali’
che appesantiscono il cuore,
per poter correre finalmente
robusti ed agili lungo le vie della fede.

Dio si è schierato

Ha rialzato da terra gli oppressi. (Lc 1,52)

Siamo al cuore dell’annuncio evangelico: Dio non è imparziale! Si è schierato dalla parte degli oppressi, degli umili, e li ha innalzati. Qui, umili sono coloro che si sottomettono volontariamente a Dio, cercano in lui saldo rifugio e salvezza, in Lui confidano e fanno il bene; il loro cuore è piegato verso gli insegnamenti di Dio, ricercando il suo volere, e non verso la sete di guadagno; fin dalla giovinezza pongono in Lui la loro speranza. Come ci ricorda l’apostolo Paolo nelle sue Lettere, gli umili sono coloro che non vanno in cerca di cose grandi, superiori alle loro forze; si fanno bambini nella novità del cuore e della vita, si vantano delle loro debolezze perché dimori in essi Cristo crocifisso e risorto; praticano la giustizia, amano la pietà, camminano con Dio e mai cercano la vanagloria, provocando si o invidiandosi gli uni gli altri. Ma qui umili sono anche i disereda ti e gli oppressi di tutti i tempi, il cui dolore grida giustizia al cospetto di Dio. E Dio sta dalla loro parte. È un ammonimento chiaro e salutare, per tutti. In definitiva, se t’innalzi con le tue forze, sarai rovesciato da Dio stesso, se invece ti affidi alla forza di Dio, lui ti innalzerà. Lui, che di noi non sopporta almeno sette cose, come leggiamo nel libro dei Proverbi. occhi alteri, lingua bugiarda, mani che versano sangue innocente, cuore che trama iniqui progetti, piedi che corrono rapidi verso il male, falso testimone che diffonde menzogne e chi provoca litigi tra fratelli (cf 6,16-19).
Chiediamo a Dio il coraggio di ricominciare, nella forza che ci viene della sua promessa di vita nuova scaturita dalla sua morte e risurrezione: “ora faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5). Lasciamoci innalzare da Lui, rigenerare a una speranza viva fondata sul continuo ritorno tra le sue braccia misericordiose, in umiltà e fervore.

Maria, tu che hai sperimentato
come Dio innalza gli umili che confidano in Lui
e si fanno bambini
nella novità del cuore e della vita,
donaci di imparare dal Figlio tuo
ad essere miti ed umili di cuore,
consapevoli del nostro peccato,
ma sempre alla ricerca del perdono di Dio,
attendendo da Lui l’abito bello della dignità ritrovata,
l’anello della nuzialità ristabilita, il banchetto della vita nuova.

Trono di Dio

Ha rovesciato dal trono i potenti. (Lc 1,52)

Scrive Rabano Mauro, un antico commentatore della sacra Scrittura. “Il Signore per tutte le generazioni di questo mondo rovescia i potenti, cioè i superbi, dal trono della loro presunzione ed esalta gli umili che confidano, non nella loro potenza, ma nella misericordia di Dio, perché chi s’innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato” (cf Mt 23,12). L’immagine del trono è significativa. Sappiamo bene che è simbolo di potere e di gloria. Ebbene, non c’è trono per l’uomo se non quello di Dio. Come dire: la vostra sovranità viene dal Signore, la vostra potenza dall’Altissimo. Guai a chi erige un piedistallo per adorare se stesso! In fondo, ancora una volta, il Magnificat ci dice che dobbiamo schierarci: o adorare il trono di Dio o adorare il trono di Satana. Il trono di Dio ti pone dinanzi alla verità di ciò che sei e di ciò che Dio è; ti orienta verso il bene; ti esalta in ordine alla dignità del tuo essere Figlio di Dio. Il trono di Satana invece t’inganna: assomiglia infatti ad un agnello, ma parla come un drago. Ti disorienta: compie prodigi, anche sotto forma di bene apparente, ma per sedurti e piegarti al male. Ti perseguita: o ti pieghi alla logica del male e lo compi tu stesso, o tenta di farti fuori.
Fare chiarezza e schierarsi per Dio senza ambiguità, consapevole che se al centro del mio vivere non c’è il trono di Dio, ma il trono di Satana sotto forma di avidità, mafiosità, prepotenza, presunzione… Io canto ogni giorno, a Vespro, la mia condanna. “ha rovesciato dal trono i potenti”, quindi “ha rovesciato anche me”. E questo è l’inferno!

Maria,
tu che hai fatto
del tuo grembo
il trono di Dio,
fa’ che detronizziamo il nostro ‘io’,
abbattendo la torre di Babele
che abbiamo eretto
dentro di noi
con il crederci giusti,
perfetti e migliori degli altri,
persino di Dio,
a cui abbiamo sottratto
il diritto di regnare su di noi.

Via dell’umilta

Ha distrutto i superbi e i loro progetti. (Lc 1,51)

Questo versetto del Magnificat è scuola di conversione, che ci pone dinanzi ad un bivio: o imbocchiamo la via della superbia, che disperde, indurisce e raggela il cuore, o la via dell’umiltà, che raccoglie, unifica e riscalda il cuore, mio e di tutti, perché ciò che coltiviamo nel cuore, ce lo ritroviamo nella vita, in bene o in male. E in quella malaugurata ‘distruzione’ o ‘dispersione’ leggiamoci il risultato di un calcolo che non torna. Quante strategie di profitto e sopraffazione sono poi sfuggite di mano, anche a noi, creando amare conseguenze! Pensiamo per un momento ai focolai di guerra che anche in questi giorni stanno distruggendo la dignità dell’uomo in più parti del mondo: dietro le armi, gli strateghi della guerra, scopi occulti mascherati sotto il vessillo della “giustizia infinita”, …ma alla fine i conti non tornano! Perché lì dove domina l’insensata superbia, non c’è vittoria ma apparente dominio, destinato ad essere a sua volta sopraffatto, in un circolo spietato di morte.
“Ogni passo che un uomo compie per allontanarsi dalla menzogna, dalla violenza, dall’egoismo e dall’orgoglio, è un passo verso la visione di Dio” (Carlo Carretto). Facciamolo questo passo, senza più appropriarci indebitamente di ciò che gratuitamente ci è stato donato dal Signore.

A Te, o Maria,
madre di umiltà,
affidiamo le profondità
del nostro cuore.
Mai si disperda in pensieri
di insensata superbia,
e sempre si apra alla lode
e al riconoscimento
della grazia ricevuta da Dio.