Il chicco di frumento

Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto».

No, non se l’aspettavano un rabbì così, i greci. Forse si aspettavano un grande profeta o, meglio, un filosofo saggio disposto a condividere con loro la sua dottrina. Invece trovano un uomo turbato e dubbioso, che vede in quell’interessamento da parte dei pagani una specie di segnale, un’intuizione della propria fine. Tutto si sta compiendo, dunque, forse davvero sta per suonare l’ultima campana. Non è bastato quanto detto, né i segni, né il volto svelato del Padre. Tutto inutile: l’uomo non sembra in grado di cambiare, preferisce tenersi un Dio severo e scostante, un Dio da servire con sfarzose cerimonie e da corrompere con sacrifici. Che fare, ora? Arrendersi? Lasciar perdere, sparire? Abbandonare l’uomo al suo destino? Una scelta, l’ultima, assurda, paradossale, esiste: la sconfitta. Forse lasciarsi andare, forse consegnarsi, forse sparire, forse servirà a far capire che parlava sul serio. Forse. Come esserne certi? È in gioco la libertà degli uomini, non quella di Dio. Forse morire, come il chicco di frumento. Gesù accetta, rischia, si dona. Andrà fino in fondo, anche a costo di essere uno dei dimenticati della Storia.

Ascolta, o Padre, il grido del tuo Figlio
che si è fatto obbediente fino alla morte di croce;
fa’ che nelle prove della vita
partecipiamo intimamente alla sua passione redentrice,
per avere la fecondità del seme che muore.

Il vero amore

Allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea».

La Scrittura che annunciava la venuta del Messia diventa per i capi religiosi strumento di condanna di Gesù. Ma lo condannano prima di sapere se la sua parola contraddice la Scrittura e di verificare se la sua opera la contrasta. Forse hanno paura che si tratti davvero del Messia? Che sveli invece la loro ingiustizia e minacci il loro potere?
Anche a noi Gesù rivela i nostri lati oscuri, ma lo conosciamo: lo fa con Amore e per il nostro più grande bene.

Signore Gesù,
tu che sei venuto
non a condannare ma a salvare,
illumina le nostre verità tristi e dolorose,
gli egoismi nascosti
che, giorno per giorno,
senza che lo vogliamo,
possono prenderci la vita.
Li riconosceremo dentro la verità
più grande del tuo amore,
che ci rende sempre più simili a te.

L’ora della vita

Alcuni di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo?

Come alcuni abitanti di Gerusalemme, anche noi ci poniamo delle domande su Gesù. Chi è per me Gesù? E soprattutto, cosa ci vuole dire Gesù, un uomo nato duemila anni fa, in un contesto così diverso dal nostro da risultare a tratti incomprensibile? Eppure, l’umanità è sempre la stessa: oggi come allora ci sono i ricchi e i potenti, i deboli e gli sfruttati, chi lotta per la verità e la giustizia e chi solo per se stesso e il proprio potere.
Il messaggio di Gesù vale ancora oggi, perché è un messaggio di rottura, di rivoluzione. Egli ci dice che i soldi non valgono, a valere sono le persone, anche quelle ai margini. Ci dice che ciò che conta è come siamo dentro, non i vestiti che indossiamo, le griffe che vogliamo comprare. Che l’importante è come ci comportiamo con gli altri. E, in definitiva, che ciò che conta davvero è l’amore.

Nelle nostre giornate
nel tempo della vita,
ci inviti a conoscerti, Signore,
a cercarti attraverso la tua Parola
negli eventi della nostra storia.
Fa’ che ti sappiamo accogliere
per vivere con te il nostro cammino.

La gloria

«Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio».

È facile rallegrarsi per ciò che ci appare bello e facile: un’idea che è nata nel mio gruppo, che ho proposto io, che portiamo avanti animandoci a vicenda. Ma la proposta di Gesù è più esigente, e non riceve gloria da nessuno. Gesù è l’inviato del Padre, non si compiace di sé, è il Padre che testimonia che lui è il Figlio prediletto. Chi segue Gesù si riconosce non dalla superficie e dall’apparenza, ma dalla concretezza. Dall’amore che traspare dalle opere, dalle azioni che fa, dai fatti concreti che compie, anche se a tratti sono difficili e faticosi. Solo Gesù può dire di conoscerci, e solo lui può dire se le nostre opere vengono veramente dal Padre.

Insegnami, Signore,
a non vantarmi delle cose che faccio.
L’esempio che tu mi dai
è il servizio agli altri e non la gloria,
il cercare la volontà del Padre.
Anche se agli occhi degli altri
ciò che faccio ha un valore,
forse anche lodevole,
serbami nell’umiltà
e fa’ che non si inorgoglisca il mio cuore.

Dio veramente

In quel tempo, Gesù rispose ai Giudei: “Il Padre mio opera sempre e anch’io opero”. Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.

Nell’accesa diatriba tra i farisei e Gesù, a seguito della guarigione del giorno di sabato sentita ieri, Giovanni annota che Gesù violava il sabato e chiamava Dio suo padre, facendosi uguale a Dio. Ce lo scordiamo, alle volte, del fatto che Gesù è stato ucciso a causa di questa supponenza, di questa arrogante pretesa. Conosco delle persone che si fermano all’umanità di Gesù, che ne ammirano la forza interiore, la coerenza, la serenità, la predicazione ma che considerano un’invenzione maldestra della Chiesa il fatto di avere divinizzato un grande personaggio della storia. Beh, amici, leggendo i vangeli possiamo affermare con certezza che – secondo i testimoni del tempo – Gesù in più di un’occasione ha agito e parlato identificandosi con Dio, cosa tanto più sconcertante perché avvenuta in seno ad un popolo che faceva dell’unicità e dell’alterità di Dio la propria gelosa peculiarità. Io credo che un grande uomo che si prende per Dio sia un povero pazzo. O che – invece – sia veramente ciò che dice di essere…

O Dio onnipotente ed eterno,
che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio,
fa’ che abbiamo sempre presente
il grande insegnamento della sua passione,
per partecipare alla gloria della risurrezione.

Beati gli ultimi

Gesù disse al malato: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». E sull’istante quell’uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.

Da quanto tempo quest’uomo voleva essere guarito! Ma altri, più forti, sono i primi ad arrivare, i soli a prendersi il rimedio. Quest’uomo rappresenta tutta l’umanità – ciascuno di noi! – che non entra in questi privilegiati che salvano se stessi, ma che pure continua a nutrire la speranza di essere guarita… da qualcuno! Eppure, anche noi spesso siamo come quei privilegiati che senza neanche guardarsi attorno sgomitano per entrare per primi nella piscina. Vogliamo essere i primi della fila, non perdere il nostro posto. Ma aspettiamo un attimo, fermiamoci! Guardiamo se c’è qualcuno che ha più bisogno di noi. Cediamogli il posto, lasciamolo andare avanti. Gesù lo vede, lo sa, non ci delude. Il tempo per noi arriverà.

Signore Gesù,
non vogliamo salvarci
con le nostre forze.
Ti abbiamo conosciuto:
tu vuoi salvarci,
e ti aspettiamo.
Donaci la gioia di essere tra gli ultimi
che per primi sono raggiunti e salvati
dal tuo amore.

Lui “guarisce”

Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!».

Nel nostro cammino, nella nostra vita, quali sono gli atteggiamenti che necessitano di conversione, di “guarigione” da parte di Gesù? Proviamo a fare un elenco. Scriviamo, uno dopo l’altro, i comportamenti che vorremmo cambiare. In casa, a scuola, al lavoro, con gli amici. Sicuramente c’è qualche atteggiamento che possiamo migliorare, su cui possiamo lavorare. Gesù, in questo, può darci una mano. Si siede accanto a noi, e se ci mettiamo in ascolto possiamo sentire la sua voce che ci suggerisce: “Fai così”.
Allora anche noi, come il funzionario del re, poniamo con fiducia nelle sue mani le nostre fragilità, il nostro essere peccatori, perché ci possa guarire, e per essere a nostra volta portatori di vita e speranza ai fratelli.

Signore misericordioso,
medico dei nostri cuori
e delle nostre menti,
aiutaci ad accogliere
il tuo amore per noi,
che dilata il nostro sguardo
verso tutti coloro che incontriamo.

Lo sguardo su di lui

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

Non dubitarne, amico, Dio ti ama fino a morire, Dio ti è vicino fino ad abbracciarti e desidera il tuo bene più di quanto tu stesso lo desideri… La nostra vita consiste, allora, nello scoprire la strada, nel percorrere la luce che Dio ci indica, nell’accogliere il destino di bene che Dio prepara per ciascuno di noi. La croce che ormai si staglia all’orizzonte del nostro percorso quaresimale, non è un raccapricciante strumento di tortura che suscita devozione, ma la misura dell’amore di Dio; Gesù dice di essere disposto a morire e osteso, pur di svelarci il vero volto di un Dio che spinge dalla mia parte, che desidera il mio bene. Per scoprire questo sentiero di luce, ci dice il Maestro, dobbiamo fare la verità dentro noi stessi, cercarla, questa verità, e viverla con semplicità. Non è facile essere cristiani, né diventare uomini: il Signore ci incoraggia e ci sostiene in questo cammino ricordandoci, come dice san Paolo, che la salvezza è gratis, che non è da conquistare o da meritare ma da accogliere e da vivere con gioia. Fissiamo anche noi lo sguardo su colui che sarà innalzato e che ci manifesta la misura incolmabile dell’amore di Dio.

Dio buono e fedele, che nel tuo Figlio innalzato sulla croce
ci guarisci dai morsi del maligno,
donaci la ricchezza della tua grazia,
perché rinnovati nello spirito possiamo corrispondere
al tuo eterno e sconfinato amore.

Una zolla di terra

Gesù disse questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

Nel mondo della Bibbia gli “umili” sono coloro che si ritengono piccoli, seduti per terra. Umiltà è una parola che deriva dal latino humus, che significa “terra”. Un piccolo seme, nascosto in una zolla di terra ricca di sostanze nutritive, può diventare un’enorme e magnifica pianta! Riconoscersi piccoli allora non vuoi dire per niente essere degli smidollati, ma al contrario significa avere occhi capaci di vedere in profondità tutte le potenzialità racchiuse nel piccolo seme della nostra interiorità.

Padre, impariamo a riconoscere
la nostra piccolezza
ad affinare la nostra vista,
vedere in profondità dato a ciascuno di noi.
Fa’ che ci sentiamo al sicuro
fra le tue braccia di Padre misericordioso,
senza esaltarci per quello
che di buono facciamo.

Il valore aggiunto

Si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.

In questo brano non si dice che il sacrificio non vale, ma che l’amore «vale di più»! È proprio vero: fare sacrifici anche grandi soltanto per ottenere un guadagno è diverso che spendersi per amore di qualcuno. Nel primo caso si obbedisce a una legge di necessità e si può cadere nell’opportunismo, nel secondo si ha a cuore il bene della persona amata, raggiunto il quale si è felici anche se si è in perdita. Questo è il regno di Dio!

Signore Gesù,
tu che hai mostrato
il tuo amore per noi
fino alla morte di croce,
non lasciarci allontanare
su strade di convenienza,
in una vita fatta di dare per ricevere,
ma avvicinaci alla gioia
di donarci al Padre
e al nostro prossimo.